Una mostra ardua in uno spazio assoluto, attraversato da secoli di storia, di vita e lavoro artigianale: la Rocca di Soncino. Due artisti unici accostati: Raoul Dufy e Rosa Spina.

Due storie da “vedere” e raccontarsi proprio nelle splendide sale musicali del castello., per ritrovare la suggestione della tradizione e della sperimentazione. Sarà un percorso doppio tra arte e costume: l’occhio seguirà e immaginerà un “filo” che si dipanerà nel “labirinto” della modernità e della contemporaneità. Partirà dalle cinque carte inedite di Dufy, dipinte e operate dall'artista e poi "trasformate" in tessuti d'alta moda per le case Poiret e "Bianchini- Ferier" a Lione - e si sorprenderà di fronte alle quindici tele della catanzarese Rosa Spina, una maestra dell'arte serica. Infatti le sue opere pittoriche procedono in senso inverso rispetto ai "progetti" di Dufy: strappano il tessuto colorato, lavorato al telaio, lo sfilano, lo collocano su tela, lo combinano con i colori vividi dello sfondo. Gli effetti visivi sono a dir poco sorprendenti: emerge sempre in primo piano il Défilage, - il termine è stato coniato dal prof. Antonio Falbo, creatore della mostra -, il prodotto del telaio metamorfizzato dall’artista in unna nuova forma.

Ma cosa rappresentano? Tutto quello che l’occhio vede e la mente interpreta, soprattutto quando le osserva nel palcoscenico del castello. Si perché in questo contesto le immagini pittoriche acquistano una pregnanza che altrove non hanno. Ipoteticamente potrebbero proseguire gli arazzi che un tempo occupavano le pareti di queste sale e, non a caso, Rosa Spina si rifà al damascato catanzarese del XVI secolo.

 

Nelle sue opere i colori vengono combinati in modo alchemico e lasciano emergere degli oggetti che potrebbero essere idee, forme stoffe: ocra, rosso, verde, giallo, bianco, pezzi di reti, salviette immersi negli acquerelli sembrano cercare la luce, il sole, la terra e il mare. E, allo stesso tempo, queste tele chiedono intimità, tranquillità, si allontanano dal caos - mediatico cittadino e spingono il fruitore a fermarsi, a sostare sulla soglia della propria essenzialità. La finissima artista ha conosciuto e condiviso l’esperienza pop di Mimmo Rotella negli anno '80, ha accolto i suoi suggerimenti. Ha però preferito occuparsi non di manifesti pubblicitari ma dell’arte e del telaio della seta, anzi sublimare, in un dialogo in realtà naturalissimo, la pittura ed i tessuti: la seta tessuta è diventata colore ed il colore si è “tesaurizzato". Dufy invece è più conosciuto dal grande pubblico perché è stato testimone della cultura avanguardista del primo novecento. Un artista prestato alla moda, un rappresentante eccelso del movimento fauves tra il 1905 e il 1907 in piena Bella Epoque che, con la sua sperimentazione anticipò i "Der Blauer Reiter", nati solo dopo il 1911.

Per Dufy arte e produzione manifatturiera erano del tutto compatibili: egli in realtà si legava alla grande tradizione europea dell'"artigianato organizzato" dei grandi arazzi creati, per esempio, da Raffaello o Rubens nel Rinascimento. Anzi riconosceva all'artigianato la possibilità di diventare "un interprete che può elevare il suo ruolo fino a quello di un vero artista, tanta possibilità ha, di metterci del suo per gusto ed inventiva". Queste affermazioni equivalgono a sostenere la continuità tra tessitura e arte: la stessa tessitura è arte. Idee che costituiscono il trade union tra la "maijgistre" Rosa Spina e il geniale Dufy. Nella mostra infatti le carte di Dufy sono dei veri e propri arabeschi, dei piccoli gioielli facilmente adattabili al tessuto, o meglio al lavoro dell'artigiano, che potrebbe portarle a compimento anche oggi. Fiori, frutti, amalgamati in sfoondi, seguono un canovaccio scomposto, stilizzato in tanti quadratini colorati. A distanza di novanta anni queste meravigliose , dipinte a gouache per i famosi atelier tra il 1915 e il 1925, suggeriscono all'esperto di moda innumerevoli immagini, figure, elaborazioni stilistiche. Sono gioielli da proteggere. E proprio le sale del castello di Soncino sono il labirinto ideale in cui il filo di Arianna dell'arte non viene mai spezzato.

Leonardo Bizzocco (2006)
   
Dal catalogo della mostra "Dai melodici arabeschi di Roaul Dufy alle arcane evocazioni di Rosa Spina" a cura di Antonio Falbo
 
 
   
 
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